lunedì 31 maggio 2010

Dal barista al (ex) ministro

E’ oramai da tempo che periodicamente ci poniamo, nelle conversazioni tra di noi e nelle nostre riflessioni personali, la domanda su quale sia la percezione che si ha dell’ISAE al di fuori delle mura di questo Istituto. Mai come in questi giorni tale domanda è attuale e…cruciale per la nostra sorte. I segnali che ci sono arrivati non sono confortanti. E’ vero, la lista delle adesioni all’appello sul sito continua ad allungarsi e non mancano nomi eccellenti. Ma al di fuori della cerchia degli economisti e degli addetti ai lavori (dove peraltro non vi è certo una unanimità di giudizi) , che tipo di immagine abbiamo (se ne abbiamo una)?

Il barista di Piazza Indipendenza era sinceramente stupito quando, spiegandogli perché volevano chiuderci, ha affermato: “ma guarda, ho sempre pensato che lavoravate per il Governo”. Il parlamentare (ex ministro) fermato in Piazza Montecitorio da un nostro collega, dopo aver pazientemente ascoltato le ragioni contro la nostra chiusura, ne ha condiviso il contenuto ma ribadendo che una ristrutturazione è comunque necessaria perché l’ISAE, negli ultimi tempi, “è andato giù”. Certo, nel caso specifico del personaggio in questione, potrebbe esserci un bias determinato dalla sua personale amicizia con il nostro ex presidente; la sua percezione dell’”andare giù” potrebbe essere quindi stata solo in parte frutto di una autonoma presa di coscienza.

Resta il fatto che la domanda si pone con forza. Peraltro, la nostra strategia di difesa si basa su 2 concetti cardine: l’indipendenza (vedi barista) e la qualità (vedi ex ministro) del nostro lavoro.

Diverse sono le domande che mi sto ponendo.

Riguardo il secondo punto (qualità): esiste un “prima” e un “dopo” nella percezione esterna dell’ISAE? Se si, da cosa è dipeso? Dalla quantità di apparizioni sui media? Dalla diminuita qualità dei nostri lavori? O dalla semplice loro minore visibilità? Il paradosso è che invece io (ma probabilmente anche molti altri) ho (avevo?) una visione opposta: da quando siamo liberi di scrivere a nostro nome, partecipare a convegni, pubblicare etc. mi sembra che anche l’Istituto sia quantomeno più visibile (se non più apprezzato). Ne consegue almeno un’altra domanda: la percezione dell’Istituto rimane disgiunta da quella dei singoli ricercatori?

Sul primo punto (indipendenza): siamo sicuri di essere percepiti come davvero indipendenti? Anche su questo punto specifico, esiste un “prima” e un “dopo”?

Nel frattempo che scrivo, siamo stati soppressi…

Claudio Vicarelli - Primo ricercatore ISAE

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